Tesori dimenticati in Sicilia: i vitigni reliquia dall’Inzolia Nera al Recunu

Quando parliamo dei vitigni reliquia, facciamo riferimento a vitigni autoctoni siciliani, che a partire dalla “rivoluzione vitivinicola” degli anni 70, sono stati progressivamente sostituiti da varietà che rispecchiassero al meglio determinate esigenze di produzione e di mercato.

I cambiamenti climatici mettono a dura prova ormai da anni ogni singola annata, tanto da spingere Enti Nazionali e Regionali in collaborazione con le Università, a studiare nuovi biotipi che riescano ad adattarsi al clima e a raccontare l’identità del territorio da cui derivano. In Sicilia, l’IRVO (Istituto Regionale della Vite e dell’Olio) ha fatto da apripista nelle prime ricerche sulle varietà autoctone più resistenti e adatte al clima siciliano.

Inzolia Nera, Lucignola, Orisi, Usirioto, Vitraolo e Recunu sono alcuni dei i vitigni definiti reliquia e riportati in auge grazie ad un gruppo di esperti di enologi, agronomi e studiosi dell’archeologia delle viti, i quali hanno deciso di rintracciarli nel territorio per poterne studiare la genetica. Si tratta di vitigni che fino al XIX secolo hanno avuto una grande produzione nel territorio siciliano. Infatti, in seguito all’attacco della fillossera, “la peste” della vite, la loro produzione è andata distrutta. Lo studio dei vitigni reliquia consente di fare una vera e propria ricostruzione del pedigree della viticoltura siciliana.

Dal 2019 questi vitigni sono iscritti al Registro Nazionale della Varietà e attendono di essere autorizzati dalla Regione Sicilia per l’inserimento nelle DOC. Rintrodurre queste varietà ha sicuramente arricchito la biodiversità e significa assumere un comportamento responsabile, mirato ad un futuro sostenibile. I vini reliquia possono essere un esempio di come l’antica tradizione vitivinicola si intrecci con l’innovazione, creando un contesto unico per la riscoperta di vitigni autoctoni storici dimenticati.

A cura di Eleonora Sindoni


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