La “peste nera” del 1347: una delle più grandi pandemie della storia
Una delle pandemie più celebri della storia è la peste. Essa si è sviluppata intorno al 1346 nel nord della Cina, per poi passare in Siria, Turchia, Grecia, Egitto e Sicilia. Il bacillo della “Yersinia Pestis” si era mosso lungo i vettori del commercio del XIV secolo, fino a raggiungere l’Inghilterra nel 1349. Quali furono le cause e quale fu la portata della sua onda devastatrice?
Il batterio della “Yersinia Pestis” si trasferisce dai ratti agli uomini per mezzo delle pulci. Dunque la scarsa igiene, sommata alle già inique difese immunitarie e ad altre epidemie minori ha elevato il tasso di letalità ad oltre il 70%. Dopo che il microrganismo è penetrato all’interno del corpo, esso ingrossa i linfonodi creando i caratteristici “bubboni”. Nei casi peggiori può anche colpire il flusso sanguigno o i polmoni portando febbre, dispnea, vomito e letargia che conferiscono al malato un colorito scuro: da qui deriva il nome “peste nera”.
Le cause sono state appurate dagli storici soltanto nel secolo scorso. Già nel Deuteronomio o negli scritti di Tucidide si parlava di pandemie pestilenziali; il primo con termini sacri, il secondo con l’evidenza dei fatti: Atene, durante la guerra del Peloponneso del V secolo a.C. fu colpita da una terribile pestilenza che indebolì le difese cittadine. Nel VI secolo d.C. sarà il turno di Procopio di Cesarea, il quale descriverà la “Peste di Giustiniano” come la prima storica pandemia. Essa uccise più di cento milioni di persone.
L’Europa del XIV secolo si presenta agli occhi di tutti come un continente in crescita costante. La popolazione crebbe enormemente tra Francia, Italia e Germania, ma essa verrà lentamente erosa da una piccola era glaciale ad inizio secolo, una grande carestia dovuta ad un clima poco favorevole e dallo scoppio della guerra dei cent’anni tra Inghilterra e Francia.
I contadini, spaventati dalla mancanza di produzione per l’adeguata sussistenza, decisero di spostarsi nelle città. Si crearono fenomeni di sovrappopolazione, i quali portarono al peggioramento delle già carenti condizioni igienico-sanitarie. Basti pensare che i rifiuti organici non venivano smaltiti tramite l’utilizzo di fognature, ma gettati in strada e lasciati a marcire.
Con l’arrivo della peste nel 1347 a Messina, la pandemia era praticamente giunta in Europa. Essa uccise il 60% dei contraenti e portò alla morte di circa venti milioni di persone, ma non uniformemente sul territorio europeo. Difatti vi furono zone meno colpite, ma la tragedia fu immane: era morto più di un terzo della popolazione europea. Clicca qui per scoprire le zone europee colpite dalla peste
L’amore ai tempi del colera
“L’amore ai tempi del colera”, opera celeberrima dello scrittore Gabriel Garcia Marquez, narra in sottecchi della diffusione del colera nella Colombia del XX secolo. La “malattia della rivoluzione commerciale”, ovvero il colera, colpì indistintamente paesi modernizzati, in via di sviluppo e del cosiddetto terzo mondo. Essa si diffuse dal territorio del Bengala verso l’Europa, l’Africa e le due Americhe. Le cause del contagio sono da attribuire al Charter Act del 1813 con il quale la Gran Bretagna aveva esautorato la Compagnia delle Indie, dando il via ad una serie di provvedimenti che avevano contribuito a stramazzare al suolo le già scarse difese immunitarie indiane derivanti dalle pessime condizioni igieniche.
ll colera è una malattia infettiva caratterizzata da diarrea acquosa a insorgenza acuta, che può, nel giro di qualche ora, portare a grave disidratazione. Se la malattia non è trattata, è letale in oltre il 50% dei casi. L’agente responsabile è il “Vibrio cholerae”, un batterio a forma di bastoncino corto e ricurvo; i ceppi tossigenici, una volta superata la barriera gastrica, producono una potente tossina a cui si devono i sintomi della malattia. Il colera è endemico in circa cinquanta Paesi, in particolare in Africa e nel sud e sud-est Asiatico.
Negli anni Trenta dell’Ottocento, il colera iniziò a manifestarsi in Europa. In Italia, il Regno di Sardegna e delle Due Sicilie crearono dei provvedimenti per istituire dei cordoni sanitari marittimi e per definire i giorni di quarantena. Quando la pandemia scoppiò in Francia, il Ducato di Parma decise di disinfettare tutti i pacchi provenienti da essa. Soltanto Genova, Livorno e Venezia esitarono nel prendere provvedimenti poiché il commercio marittimo era per loro la prima fonte di sostentamento.
Il cordone si ruppe intorno al 1835 per cause sconosciute e il colera si espanse in tutto lo Stivale. Nel 1837 il contagio scoppiò a Napoli, in Sicilia e a Malta. Da Cefalù a Trapani, si spinse in tutto l’entroterra toccando anche Catania e Messina. La situazione era davvero drammatica per via delle scarse condizioni igieniche: in 8258 comuni del Regno d’Italia (dato del 1885) più di 6400 erano privi di una rete fognaria, solo 3000 erano forniti delle latrine e 767 scaricavano i rifiuti organici in pubblica piazza.
Secondo i medici del tempo, le cause del colera erano molteplici. C’è chi diede la colpa ai poveri e ai loro vestiti luridi, c’è chi decise di affibbiare la colpa al clima e chi, con molto più raziocinio, diede la colpa alle scarse condizioni di vita presenti fino a quel momento in Europa. Ad oggi non vi sono dati esatti sui morti di colera nel periodo qui analizzato, ma ciò che è certo, è che la malattia è ancora fortemente presente nei paesi del terzo mondo. Clicca qui per saperne di più sul colera ai giorni nostri
L’influenza spagnola del primo dopoguerra
L’Europa ha appena visto concludersi il primo conflitto mondiale, ma doveva ancora fare i conti con l’influenza spagnola, la più micidiale delle pandemie. Originatasi nel primo dopoguerra, essa uccise tra il 1918 e il 1920 più di dieci milioni di persone nel mondo e arrivò ad infettarne più di cinquecento milioni. Senza dubbio si tratta della pandemia più mortifera della storia, ancora di più della peste.
L’infezione virale non era di certo più aggressiva delle precedenti, ma a causa della malnutrizione, del sovraffollamento dei campi medici e della sempre presente scarsità delle condizioni igieniche, essa mieté milioni di vittime. Il nome “spagnola” deriva dal fatto che la notizia venne diffusa dai giornali della monarchia spagnola, i quali non erano influenzati dalla censura di guerra.
Sull’origine della pandemia delle pandemie vi sono numerose ipotesi: alcuni storici americani asseriscono che l’influenza nacque nel Kansas, mentre altri sostengono che la pandemia derivi da un contingente cinese chiamato a rafforzare le linee britanniche e francesi. Ciò che sappiamo con certezza è che per via dei moderni sistemi di trasporto, per la malnutrizione e per lo stress, l’influenza ebbe vita facile nel contagiare milioni di persone.
Si presume che tra il 5% e il 7% della popolazione mondiale sia deceduta per via dell’influenza spagnola. Questa pandemia è stata descritta come “il più grande olocausto medico della storia”. Furono colpiti in grande percentuale i giovani adulti. Essi moriranno per lo più per via delle prime complicazioni della pandemia quali la polmonite e alcuni coinvolgimenti neurali che portarono a dei disturbi mentali.
In Italia il primo allarme si ebbe nella cittadina di Sossano, in provincia di Vicenza, ma secondo recenti studi si trattò di un’epidemia di tifo, un’altra delle numerose pandemie umane. Tuttavia, dopo la seconda ondata del 1918, la pandemia andò man mano ad indebolirsi fino a scomparire per cause che sono ancora al vaglio dei medici e degli storici.
Coronavirus, una nuova e terrificante pandemia o semplice psicosi?
Sul “coronavirus” se ne stanno scrivendo e dicendo parecchie. Con l’intervento chiarificatore di numerosi virologi e addetti ai lavori nel settore del giornalismo si sta cercando di ridurre la psicosi di massa che sta colpendo il mondo intero. In Italia, nella giornata di ieri, vi è stato il primo morto per il Covid – 19. Ciò non deve assolutamente generare crisi internazionali o terrore generalizzato.
Le norme sono le stesse che bisognerebbe attuare ogni giorno per prevenire qualsiasi malanno di stagione. Ad oggi il Covid – 19 ha un tasso di mortalità del 2%, sicuramente inferiore alle pandemie precedentemente elucubrate. Ciò che più spaventa la popolazione e crea una psicosi di massa è il fenomeno delle fake news che sta prendendo sempre più piede anche nelle nostre zone, ovvero quelle della fascia tirrenica della Sicilia e non solo.
Sull’origine del coronavirus se ne sono dette a dozzine, passando dall’arma batteriologica fino all’imputato per eccellenza: il pipistrello. Ciò che è certo, è che le condizioni igienico – sanitarie sono sicuramente migliori rispetto ai tempi delle altre pandemie. L’uomo è consapevole dei rischi che corre e le cure attuali sono in grado di superare questo e altro.
Purtroppo c’è chi continua a specularci sopra, le aziende farmaceutiche in primis. Vivere ai tempi del coronavirus è semplice, basta soltanto rispettare le normali regole igieniche e condurre una vita attiva, sana e senza troppa psicosi.
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