Raffineria e turismo. Un binomio possibile come avviene in tante regioni d’Europa. Diciamo subito che sul tema ambientale l’attenzione non è mai abbastanza soprattutto con il polo petrolchimico. Ed è più di una sensazione che ci fa dire che l’inquinamento sia tangibile a livello di falde acquifere, di qualità dell’aria e del cibo. Certo bisogna fare distinguo e desiderata.
Le posizioni della politica
Intanto la Raffineria di Milazzo è stata di recente ammodernata e ha vinto numerosi riconoscimenti per la sicurezza. Certo, tutto può ancora essere migliorato. Di recente l’Ars ha votato un ddl di trasversale scrittura, che impone un nuovo sistema di controllo tramite centraline connesse.
Altra questione è quella legata alle dichiarazioni dei vertici Ram, accerchiati da ambientalisti, politica e sindacati. Il sindaco Giovanni Formica ha inviato una lettera a al presidente della Regione, Nello Musumeci, per chiedere l’attivazione di un tavolo permanente che affronti la questione legata alle rigide prescrizioni del Piano regionale della qualità dell’aria che rischia di condizionare pesantemente l’attività della Raffineria e quindi il futuro occupazionale di 2500 famiglie.
Il nuovo Piano Regionale e la vicenda giudiziaria
Il Piano Regionale di Tutela della Qualità dell’Aria, approvato con decreto n. 268 del 18 luglio 2018, il Ministero dell’Ambiente ha dato avvio al procedimento di revisione dell’AIA della raffineria di Milazzo.
Il provvedimento in parola è oggetto di contestazione innanzi al Giudice Amministrativo e si è in attesa della relativa pronuncia.
Indipendentemente dalle vicende giudiziarie, il gestore ha, in più di una circostanza, lamentato l’impossibilità, sotto il profilo tecnico e tecnologico, di raggiungere i livelli di emissione che il PRTQA fissa per il 2027, mentre, con riferimento a quelli da traguardare al 01 gennaio 2022, ha comunicato di essere in condizione di realizzare i necessari interventi, seppure non nei tempi imposti.
Ancora da ultimo, nel formulare le osservazioni al parere istruttorio conclusivo che sarà oggetto di definitivo esame il prossimo 21 febbraio in sede ministeriale, l’azienda ha dichiarato che “l’impegno del Gestore a realizzare gli interventi necessari per l’adeguamento al 2022, che si sommano a quelli già ingenti previsti nel cronoprogramma di adeguamento all’AIA esistente, è condizionato alla contestuale valutazione degli obiettivi al 2027 visto che sotto il profilo industriale nessun impegno economico è sostenibile se gli obiettivi fissati per il 2027 resteranno quelli, irraggiungibili, attualmente dichiarati.”
Il futuro della Raffineria
In altre parole “il gioco non vale la candela”. Seguire certe prescrizioni rende l’investimento vano. Secondo altri esperti la Raffineria avrebbe davanti meno di un ventennio di vita secondo le leggi del mercato della raffinazione. Un mercato, quello automobilistico, che guarda al bio-diesel, all’elettrico e all’idrogeno. Certo la Raffineria rifornisce per quasi un quarto il fabbisogno nazionale di idrocarburi e per tutto il Sud Italia mentre è praticamente il primo canale di cherosene per l’aeroporto di Catania. Non serve altro per capire che l’azienda Ram, per metà proprietà di Eni e per metà proprietà di Q8, sia indispensabile per il mercato – ancora – e generi un indotto notevole che da lavoro a 5000 persone.
Il problema resta far convivere questo macigno di ferro con la cornice vicina dell’Area Marina Protetta. Aumentano da un lato le sensibilità ambientali per la tutela del paesaggio, dall’altro la consapevolezza che i livelli di inquinamento – limiti ex lege imposti – siano via via meno tollerati.
Alla ricerca di un modello sostenibile
Un modello in grado di guardare al futuro e soprattutto a un livello di transizione, potrebbe ambire all’esempio di Gela, alla riconversione degli impianti. Più facile e più realistica una transizione lunga e tenue con gli impianti messi in sicurezza e aggiornati rispetto ai nuovi limiti imposti con le opportune deroghe per permettere i tempi tecnici dei lavori. Una raffineria che rispetta l’ambiente, si integra con il tessuto sociale attraverso buone prassi e investimenti e un dialogo costante con l’amministrazione, non è necessariamente nemica della Valle del Mela. Ormai c’è e bisogna conviverci ma viverci, non sopravvivere. E in fondo è quello che chiedono la stragrande maggioranza – silenziosa – dei cittadini: maggiori controlli, maggiore tutela della salute.
Un diritto che, lo ribadiamo sempre, collegato a quello ambientale, ha trovato la sua forza soltanto di recente nella legislazione italiana. Ma un portone non può chiuderne un altro. Soprattutto se ci sono in bilico migliaia di posti di lavoro.
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