La prima guerra punica, combattuta tra il 264 e il 241 a.C., è chiaramente definibile come il punto di svolta del dominio sul Mediterraneo conteso tra cartaginesi e romani.
Prima della guerra, Roma era in una condizione di continua espansione nei confronti delle tribù e dei popoli a sud dell’Urbe.
Etruschi, Sabini e Volsci furono sconfitti in un lasso di tempo relativamente breve e i Marsi, gli Apuli e i Vestini si erano accordati per un’alleanza per non subire le ulteriori ingerenze romane.
Le premesse
Nel 279 a.C la Repubblica stava consolidando i suoi domini grazie all’infallibile sistema politico e all’indomita forza delle sue legioni. Dopo la vittoriosa guerra contro Pirro, culminata con la battaglia di Maleventum del 275 a.C., Roma decise di accordarsi con i cartaginesi nella spartizione delle zone d’influenza italiche. I domini della Repubblica si estesero fino a Rhegium – l’attuale Reggio Calabria – mentre i punici impedirono ai romani di sbarcare in Sicilia se non per rifornimenti o questioni logistiche.
Nel frattempo in Sicilia stava avvenendo uno scontro che avrebbe successivamente modificato le sorti dell’alleanza romano – punica. Gerone II, tiranno di Siracusa, attaccò un gruppo di mercenari campani chiamati Mamertini, i quali avevano messo a ferro e fuoco Messana. Lo storico Polibio ci narra di una battaglia combattuta presso il fiume Longanus, la quale porterà alla presa di Milazzo da parte dei siracusani.
L’inizio dell’invasione
I mercenari chiesero aiuto sia a Cartagine che a Roma per impedire a Gerone II di compiere ulteriori azioni.
Mentre i punici risposero con toni più aggressivi nei confronti dei mercenari, imponendo la presenza di una guarnigione a Messana; i romani – dopo aver dibattuto in senato e aver rimesso la questione in mano all’assemblea popolare – decisero di intervenire per provare ad accaparrarsi le ingenti ricchezze provenienti dalla Sicilia.
Roma attraversò lo Stretto di Messina in armi e automaticamente dichiarò guerra alla potenza marittima di Cartagine. I punici, alleatisi con i siracusani combatterono lungo le terre siciliane che si affacciano sulla costa ionica, ma vennero sconfitti fino alla resa di Enna e Halaesa (zona archeologica di Tusa)
La seconda fase della guerra si spostò sulle acque della zona tirrenica, inaugurando una stagione di sanguinose battaglie per via dell’inesperienza romana nei combattimenti navali.
La costituzione di una Marina militare non era stata preventivata e si dovette fare affidamento su triremi e quadriremi sottratti ai cartaginesi alle quali venne aggiunto un congegno che passerà alla storia nella battaglia di Milazzo: il corvo.
Una guerra marina, due eserciti immensi
Nel 260 a.C. le prime navi romane furono inviate verso la Sicilia, ma vennero attaccate da una piccola guarnigione navale punica nelle vicinanze di Lipari. Il console Gneo Cornelio Scipione Asina venne sconfitto e catturato in battaglia e successivamente condotto a Palermo dal comandante della flottiglia punica Boode.
Nel frattempo le truppe cartaginesi ai comandi di Annibale Giscone stavano saccheggiando la piana di Milazzo, ma vennero distolti dai loro affari dall’imminente arrivo della flotta dell’altro console, Caio Duilio, il quale avrebbe presto affrontato ben 130 navi nemiche salpate dal porto di Palermo.
Annibale Giscone era assolutamente convinto della sua potenza navale, ma rimase attonito quando scoprì il marchingegno che era stato creato dai romani per spostare il teatro della battaglia dalle navi ad uno scontro “terrestre”.
Il corvo si rivelò decisivo per le sorti della battaglia: il Golfo di Milazzo divenne il teatro prediletto per il successo romano nei confronti della flotta cartaginese.
Il successo di Caio Duilio
I punici vennero massacrati e ben trentacinque navi furono catturate, tra le quali quella di Annibale che riuscirà a fuggire a bordo di una piccola imbarcazione. Alla fine saranno cinquanta le navi catturate. Milazzo era ufficialmente diventata la porta d’ingresso per Roma nel Mediterraneo.
Caio Duilio verrà celebrato con la costruzione di una colonna rostrata nel Foro, la quale oggi è conservata all’interno del Palazzo dei Conservatori a Roma. A Milazzo è stata intitolata al console una piazza di fronte al teatro degli scontri nella quale vi è posta al centro la statua rappresentante il fiume Mela. Nel 1938, il podestà Salvatore Scala aveva fatto rimuovere il complesso scultoreo per fare posto ad un mai realizzato monumento in onore di Caio Duilio. Soltanto nel 1990 la Fontana rinascerà grazie all’opera di alcuni maestri dell’arte lucchesi.
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