La “Sindrome della Capanna” ed il timore del ritorno alla vita quotidiana

Al giorno d’oggi si sente parlare frequentemente di quella condizione che gli psicologi hanno definito “Sindrome della Capanna“. L’emergenza sanitaria ha portato a ritirarci all’interno delle nostre case, ovvero nelle nostre “tane”, nelle nostre “capanne”. A queste ultime abbiamo attribuito una funzione di protezione, e rimanendo rintanati all’interno di esse abbiamo provato un senso di sicurezza. Così, l’idea di uscire da questa dimensione di sicurezza può provocarci ansia.

Questo disturbo infatti non dipende tanto dalla paura del contagio, quanto dal rimettere noi stessi di nuovo fuori, alla prova con quello stile di vita che ci apparteneva in precedenza, e che adesso, magari, ci fa sentire “incastrati“.E’ possibile che l’esser stati obbligati a interrompere le nostre abitudini quotidiane, ci abbia fatto gustare e apprezzare altri stili di vita, sperimentati attraverso la conquista di più tempo libero, e forse ora non siamo più disposti a perderle. Di conseguenza, l’idea di tornare alla nostra normalità, alla nostra consuetudine, potrebbe farci percepire una sorta di fastidio.

Cosa fare se si soffre di questa “sindrome”?

Magari cercare una integrazione fra il vecchio ed il nuovo, che si avvicini allo stile di vita che desideriamo avere. Potremmo cercare di modificare il nostro stile di vita apportando modifiche relative a priorità, tempi e orari, abolendo vecchie abitudini e/o inserendone di nuove.

Con una buona dose di coraggio e pro-positività, potremmo ridisegnare il nostro futuro prossimo alla luce di quanto abbiamo appreso durante questi mesi, mettendo in discussione la quotidianità che ci eravamo costruiti, e alla quale ci eravamo abituati, in favore delle nuove consapevolezze e delle più sane abitudini che abbiamo sviluppato durante i mesi di lockdown.

a cura di Dott.ssa  Alessandra Russo,psicologa


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