Mosca contro Washington: il premio è la Bielorussia
Ciò che sta accadendo in questi giorni in Bielorussia rappresenta la fotocopia esatta di quanto è già avvenuto in altre aree appartenute all’ex Unione Sovietica: la Georgia e l’Ucraina. Ciò che sta avvenendo in questa enclave geopolitica è la rioccupazione imperialista dei vecchi spazi un tempo di pertinenza dell’Unione Sovietica.
Venuto meno il comunismo storico dopo il 1989 berlinese, si è assistito – non – ad un espansione imperialista da parte di Gorbacev, El’Cin e Putin. Anzi, con Gorbacev ed El’Cin vi è stato un atteggiamento servile nei confronti degli Stati Uniti, ma non con Vladimir Putin. Di fronte a quanto sta avvenendo in Bielorussia, è necessario ricordare le rivoluzioni in Georgia, Ucraina – nel 2014 – etc.
Il paradigma è sempre lo stesso: si finge che le rivoluzioni vengano organizzate dal basso, quando in realtà sono finanziate dall’alto. Il popolo viene rappresentato come represso e calpestato da un dittatore, di modo che l’intervento militare imperialistico sia rappresentato – in realtà – come umanistico. L’intervento geopolitico statunitense verrà dunque visto come un intervento umanitario.
Putin sosterrà militarmente Lukashenko. Gli USA, insieme alla loro servile Unione Europea, stanno organizzando una rivoluzione. La Bielorussia dovrà cercare di impedire tutto ciò evitando di ripetere quanto è avvenuto in Ucraina, ovvero la creazione di un governo appoggiato da Washington e Bruxelles.
Da tempo la Bielorussia è sotto il mirino del Leviatano del dollaro, poiché essa non è mai stata sotto le catene del Washington Consensus. Proprio per questo motivo, gli imperialisti vogliono sostituire Lukashenko con un fantoccio simile a Guaidó in Colombia o Zelens’kyj in Ucraina. È paradossale il fatto che gli antifascisti urlino contro il fascismo – in sua assenza – e quando la dittatura imperialista a stelle e strisce ritorna prepotentemente in Europa, nessuno ne discute. Occorre sperare in una Bielorussia forte e indipendente.
L’interferenza straniera influenza le elezioni in Bielorussia
La Bielorussia è l’esempio perfetto che dimostra l’ingerenza elettorale straniera. Si addestrano centinaia di giovani nelle arti della guerriglia urbana: s’insegna loro come preparare le famose molotov o come travolgere la folla con un veicolo. Inoltre impareranno ad infiltrarsi oltre i confini del Paese, a contrabbandare contanti, a reclutare e pagare mercenari, a gestire dall’estero un centro di crisi aperto 24 su 24, ad aggredire la polizia o a preparare e condurre una rivoluzione colorata programmata.
È così che l’interferenza straniera influenza le elezioni in Bielorussia. I manifestanti propugnano le solite idee liberiste: più facilitazioni nell’assumere e licenziare i lavoratori, porre fine alla protezione offerta dai sindacati e dalle leggi statali sul lavoro, uno stop alla regolamentazione dei prezzi. Uno dei tratti più importanti e pericolosi riguarda la privatizzazione e la vendita dei beni del paese.
Qui è dove crolla però il fronte unificato: l’opposizione filo-occidentale vuole vendere la Bielorussia agli investitori occidentali, mentre l’opposizione filo-russa vuole che sia venduta agli oligarchi russi. L’80% di tutta l’industria e l’agricoltura è a tutt’oggi di proprietà pubblica, più che in tutti gli altri paesi europei. L’Urss era basata su fabbriche, ricerca industria e agricoltura.
Nella Federazione Russa questi cimeli nazionali erano stati privatizzati da El’Cin e svenduti a pochi oligarchi. Non in Bielorussia. Gran parte della loro economia è ancora di proprietà pubblica. Le fattorie appartengono alle cooperative degli agricoltori locali e non alle aziende agroalimentari della globalità. Esse producono ed esportano molto e di tutto, principalmente nella vicina Russia. I generi lattiero-caseari, i mobili e la moda bielorussa sono molto popolari in Russia.
Le raffinerie bielorusse e l’affare Gazprom
Dall’Urss – la Bielorussia – ha ereditato due raffinerie: Mozzar e Novopolotsk. Esse sono in grado di trasformare il petrolio greggio e il gas in prodotto finiti. In poche parole, la Russia produce e la Bielorussia raffina. Nel frattempo, gli oligarchi russi che controllano Gazprom, hanno creato una società intermedia con sede in Lituania, la quale acquista il gas russo e poi lo rivende alla Bielorussia.
I pagamenti bielorussi vengono indirizzati sui conti offshore degli oligarchi. Buona parte di questi soldi arrivano nelle casse dello stato russo, ma molti si perdono per strada. Intanto Gazprom ha continuato ad aumentare il prezzo del petrolio consegnato alle raffinerie bielorusse, fino al punto che questo apparente alleato è stato costretto a sborsare più di quanto la stessa Gazprom fa pagare a stati ostili come Ucraina e Germania.
Onde evitare troppi oneri, la Bielorussia è passata alla raffinazione del petrolio norvegese e saudita, molto più economico del petrolio russo. Da qualche anno raffina anche quello americano. Da questo momento in poi – la Bielorussia – ha deciso di interrompere i rapporti con la società intermedia di Gazprom e la polizia sta indagando sul trasferimento dei fondi statali russi su conti offshore.
Dunque gli oligarchi finanziano le proteste bielorusse e sponsorizzano un’aspra campagna mediatica contro Lukashenko. Putin, invece, vorrebbe che la Bielorussia si unisse alla Russia come una vera e propria repubblica costituente. Al presidente russo non importa molto di AGL (acronimo di Aleksandr Grigor’evic Lukashenko), ma non vuole nemmeno essere guidato dai propri oligarchi.
Nel frattempo alcuni media russi – sotto il controllo degli oligarchi – continuano a giocare contro Lukashenko. Tirando le giuste somme, tutti gli oligarchi vorrebbero distruggere l’ultimo satellite dell’Urss e cancellare ogni possibilità di imparare da esso.
Numeri a confronto: la rapida ascesa della Bielorussia
Fino al 2015 l’economia bielorussa è stata quella più in rapida crescita in Europa. Il suo PIL è cresciuto del 10% l’anno. Dopo il crollo del comunismo storico nel 1991, la Bielorussia è stata la prima a riprendersi entro il 2002, mentre la Russia è rimasta indietro fino al 2006. Dopo la dannosa distruzione dell’Urss, ad una Russia privatizzata in modo parziale sono serviti sedici anni per potersi riprendere.
La Bielorussia – con le proprietà di stato – si è ripresa in dodici anni. L’Ucraina totalmente privatizzata non è mai stata in grado di riprendersi: attualmente l’economia ucraina è il 65% di quella dell’ultimo anno dell’Urss, il 1990.
Nel paese bielorusso i salari sono cresciuti più velocemente della produttività del lavoro, al contrario di Usa e UK. Dopo il 2015 la Bielorussia ha comunque rallentato e questo è da collegarsi alla stagnazione dell’economia russa. È senza dubbio necessario affermare che se la sono cavata abbastanza bene. D’altronde è quasi impossibile corrompere un funzionario bielorusso.
Il KGB bielorusso è sempre vigile nella lotta contro la corruzione. Hanno un sistema bancario trasparente e il sostegno dei cittadini all’etica anti-corruzione rende un funzionario bielorusso riluttante ad accettare una tangente. Un altro segno di rigore è una tassa speciale che chi non lavora è obbligato a pagare. Si tratta dell’erede della tassa sovietica. Il sospetto è che AGL voglia rendere più convivente pagare le tasse piuttosto che evaderle.
Si potrebbe pensare che questi uomini siano felici, ma non lo sono. Molti di loro si sono uniti alle proteste organizzate dall’alto. Gli Usa vorrebbero portare Lukashenko dalla loro parte, ma ciò è effettivamente possibile? AGL adesso lavora il petrolio americano nelle sue raffinerie, ma da poco tempo si è fatto un nuovo amico: la Cina. In Bielorussia, gli uomini al potere affermano che il loro paese diventerà l’hub cinese in Europa.
La Bielorussia è altresì molto vicina alla Russia, ma ha anche paura di essere inghiottita da questo amichevole gigante. Il futuro dell’ex stato sovietico si trova in precario equilibrio.
Il futuro è nelle mani di Lukashenko?
AGL potrebbe decidere di saltare il fosso e unirsi alla Russia. Gli Usa lo sanno e cercano di non spingerlo troppo oltre, ma i russi sono abbastanza intelligenti da incoraggiare il popolo bielorusso vicino a Lukashenko. Fintanto che le potenze imperialiste faranno il loro mestiere, non ci sarà modo di creare uno stato socialista liberale.
Difatti, questa era stata la conclusione di Lenin: egli aveva scritto che lo stadio liberale sarebbe stato raggiunto quando non ci sarebbero stati più predatori in agguato. Era stato rapido a sedare la rivolta di Kronstadt e i lavoratori della Bielorussia devono rendersi conto di quale sarà la loro sorte se i ribelli dovessero ottenere la vittoria. Le industrie saranno vendute e smantellate, in modo da non farle competere con i fornitori preferiti dalla globalità, com’è già successo in Russia, Lettonia e Polonia.
Il terribile esempio ucraino dovrebbe tenere molti lavoratori fuori dalla rivolta, ma sarà così? Queste differenze potrebbero essere risolte con la forza, se i manifestanti non dovessero accettare il voto democratico. Se è solo la forza che i neoliberisti accettano, allora che la forza sia. La forza potrebbe dover decidere se il socialismo bielorusso sopravviverà o meno.
In Bielorussia potrebbe tornare utile l’esempio Guaidó
Le rivoluzioni colorate non sono destinate ad avere successo: esse hanno fallito in molti paesi. In caso di colpo di stato filo-occidentale, è probabile che la Russia intervenga, come le è consentito dal trattato CSTO. Ma la Russia non è a favore del socialismo, a Minsk o altrove. Nel frattempo gli Usa dovrebbero capitalizzare il successo in Venezuela. Quando gli Usa non erano contenti di Maduro, non si erano preoccupati del risultato elettorale, ma avevano invece scelto un certo Guaidó, un membro dell’opposizione.
Gli avevano assegnato i beni del Venezuela, compreso tutto l’oro che il paese sconsideratamente conservava nella banca d’Inghilterra. Avevano occupato le ambasciate venezuelane e le avevano consegnate al signor Guaidó e il tizio aveva firmato con gratitudine un contratto che prometteva milioni di dollari ai mercenari americani per il rapimento dell’attuale presidente.
Lukashenko rifiuta di vendere i beni del proprio paese e di invitare i carri armati della Nato. Con tono parodico, si potrebbe consigliare ai leader USA di riutilizzare il paradigma Guaidó. In conclusione, le potenze mondiali stanno per incontrarsi in territorio bielorusso. Il futuro è incerto e le nuvole imperialiste non accennano a diradarsi. Anche la Bielorussia cadrà come l’Ucraina?
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