Non una semplice fuga di notizie. Sappiamo che la fuga in avanti ha coinvolto giornali molto più blasonati del nostro. E questo è l’indizio, il primo, che fa una prova. Sappiamo che la notizia, non è una fake-news nel senso che qualcosa dall’ospedale è trapelato. Vogliamo subito stoppare i complottismi: nessuno vuole insabbiare niente e non crediamo che all’Asp giochino al Watergate Game (secondo elemento). Però qualcosa è successo e il timore di un focolaio non era semplicemente infondato, anzi.
Il terzo elemento, sul quale ci siamo soffermati ieri, è che ha prevalso il panico ma non solo. C’è qualcosa che non torna nelle versioni che ci sono state fornite. Possibile che sia il frutto di una infermiera impaurita? Cosa è accaduto davvero la notte di lunedì? Sembra che un primario abbia chiamato avvisando tutti di un possibile contagio nel personale e da lì sia partita la fuga.
Ciò che non torna è: ma se la riservatezza è la prima misura per chi è o potrebbe essere stato contagiato, perché raccontarlo a un giornale? Quale sia il vero fine di questa azione non ci è – ancora – dato sapere. Tuttavia quando il Direttore dell’Asp parla di responsabilità anche penali nella diffusione del panico, noi giornalisti prendiamo per buono ciò che arriva da un Ospedale. Ognuno ha la sua fonte: medici, infermieri, personale. Ma dentro un Ospedale le cose si sanno.
Da ieri ci continuano ad arrivare racconti e dietrologie anche pesanti. C’è chi non crede alla versione data dall’Asp. Senza voler alimentare lo storytelling pasoliniano del “io so, ma non ho le prove, non ho nemmeno indizi” quello che però è fondamentale sono i fatti: mancano mascherine, guanti e un protocollo davvero di “sicurezza” per il personale. E c’è chi, dentro l’ospedale, aspetta il risultato dei tamponi da due settimane.
E il sospetto più che misurato, è che siamo finiti dentro un braccio di ferro tra personale e dirigenza dove a rimpallare è soprattutto la paura.
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