Florio, il Marsala pieno di storia e mare: una cantina museo

Il mare sotto il tufo, il sale su un vino dolce, gli inglesi in Sicilia, la fortuna dei Florio negli archivi di questo museo di arte liquida. Siamo alle cantine Florio a Marsala, un luogo di forte contrasti e fascino, talvolta mistero ma soprattutto tanta storia reale. Questo è il “regno” di Vincenzo Florio e della famiglia siciliana che più ha saputo imprimere la sua visione sulla storia italiana. E questo vino ne è la prova. Da queste parti l’ospitalità e il concetto di wine experience viene preso sul serio, si paga per provare questo percorso enologico che, forse più di ogni altri, fonda il suo leit motiv in una storia fatta di imprese, danaro e coraggio.

Fondate nel 1833 da Vincenzo Florio, le Cantine Florio di Marsala si affacciano sul mare della Sicilia occidentale. Avvolte dall’energia dei venti, rese sapide dal mare, le Cantine accolgono, bellissime e silenziose, i legni di rovere dove i Marsala Florio affinano in un movimento apparentemente immobile. Centinaia di botti, tini e caratelli, ognuno con una sua storia, respirano il mare attraverso il pavimento di tufo, nelle alte navate dove profumi e architetture si mischiano. Parliamo di 6 milioni di litri di Marsala conservati su un’area che supera i 40 mila metri quadri. Qui riposano anche più di dieci anni, turnano e girano la loro posizione nelle botti che conservano un prodotto vivo. Questo è il vino nobile del Marsala, capostipite di una specie di recente valorizzazione e intramontabile come i suoi fondatori.

Fin dai tempi antichi qui sono stati prodotti vini dal carattere forte, legati alla carica zuccherina unica delle uve che maturano sotto il sole bruciante, ma bisogna aspettare il 1773 perché il mercante inglese John Woodhouse si innamorasse di questi vini e ne apprezzasse il potenziale, tanto da volerne spedire alcune botti in Inghilterra, aggiungendo però una buona dose di acquavite. Così nasce il Marsala come lo conosciamo oggi. Un vino che ebbe un tale successo da attirare in Sicilia altri imprenditori inglesi decisi a produrlo, a cui in breve tempo si aggiunse il primo italiano, Vincenzo Florio. Arrivato anche lui per mare dalla Calabria, Vincenzo Florio si dedicò alla produzione di questo vino fortificato unico, creando le suggestive Cantine nel 1833.

La storia è ancora più interessante perché il Marsala che noi conosciamo oggi viene “scoperto” tramite una stabilizzazione fortuita a bordo delle navi inglesi, con l’aggiunta di alcol per trasportare questo vino nel mondo anche dopo il Blocco Continentale voluto da Napoleone, la Sicilia resta un porto franco sotto il protettorato britannico. Nella seconda metà dell’Ottocento questo prodotto, così come lo conosciamo oggi, diviene un must anche in Italia – anche se pensato per il mercato estero – e si innesta nella nostra tradizione enologica.

Questo forte senso della storia si avverte nelle cantine, rimaste esattamente così dalla loro fondazione anche nelle immense botti da 20 mila litri che superano gli 80 anni di età. La rovere da una seconda vita alla miscela magica da cui Florio – oggi di proprietà del gruppo Disaronno – ricava il prodotto base “vergine” da cui poi si arriva alla riserva. Al naso prevale il dolce e la frutta secca ma in bocca arriva la nota salata che gli viene conferita dall’evaporazione e dalla incredibile vicinanza delle viti al mare marsalese. Spostandoci nella enorme cantina anche il sapore cambia e l’affinamento vira verso il dolce, stupendoci a ogni assaggio e a ogni abbinamento. In degustazione abbiamo provato il Marsala Vergine, il Marsala Secco e il Marsala dolce in riserva. Tre vini fortificati che provano quanto il grillo siciliano possa mutare e dare nobiltà a un vino italiano – ancor più che siciliano – in cerca di consensi tra i palati più giovani.


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