Fateci uscire: la generazione dei giovani al collasso

Invincibili? Forse. Indomabili? Neanche. Il Tirrenico è un giornale da sempre vicino ai giovani. In questi mesi, pochi mesi, da quando siamo nati come giornale telematico, abbiamo raccontato i fatti dal punto di vista dei ventenni. La nostra redazione ha una media età inferiore ai 30 anni.

Ed è su queste basi che non possiamo far finta di non sentire il grido disperato di una intera generazione compressa fino all’annullamento. Prima delle distanze sociali, l’imposizione si rifaceva sulle distanze di reddito, di lavoro, di futuro, di famiglia, di natalità. Non esiste generazione giovanile più colpita della nostra dai tempi della Prima Guerra Mondiale. La disoccupazione, il blocco dei turn over e dei concorsi pubblici, la crisi economica, il terrorismo, il precariato, il caro vita. Adesso anche l’isolamento.

Cosa deve sopportare ancora questa generazione? Dapprima l’umiliazione di dover vivere coi genitori fino a 40 anni era malcelata dall’opportunità di farsi quanto meno una carriera di studi e tirocini, scambi culturali, interazioni. L’era del selfie-feticcio ci è piombata addosso come un mantra: dall’opportunità rappresentata dal digitale a unica via di fuga per socializzare, studiare, lavorare. Compressi, dicevamo. 

Il requiem è questo nemico invisibile che colpisce gli anziani, i fragili. E i giovani divengono portatori sani, pagano il prezzo di essere trasmettitori seriali di un virus che fa meno danno della crisi generazionale. Depressione, frustrazione, rabbia. Questi i sentimenti che accomunano una intera flotta demografica che grida a gran voce misure per ritornare alla normalità. Graduale, certamente.

Mentre i Paesi del Nord si limitano alla prudenza e alle raccomandazioni, qui abbiamo la corte marziale. Lo Stato di diritto che comprime i diritti: un ossimoro nefasto. Questa riflessione va quindi a loro, inascoltati, trattati per ultimi e incompresi. La gioventù bruciata di cui sono rimaste ceneri e false speranze e lo spettro di un nuovo virus all’orizzonte: l’apatia e l’insofferenza. A voi, a noi, consegnamo il nostro grido disperato. Senza presente, senza futuro: ridateci almeno il passato. 


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