Dalla cicala di mare a Singapore, il museo del gusto di Nino Ferreri a Bagheria

Siamo arrivati sino a Bagheria per consegnare il premio di miglior chef 2024 a Nino Ferreri. Il suo Limu Restaurant è costruito dentro una antica torretta normanna e conserva ancora il suo fascino tardo medievale. Il locale è stato finemente ristrutturato conservando i dettagli antichi ma incastonando una visione nord-europea minimal ma calda. Quello che abbiamo provato è il miglior percorso gastronomico sin qui saggiato nelle varie degustazioni, una qualità trainata dal fil rouge della materia prima povera ma finemente riassortita e preparata. Dal coniglio alla cacciatora, alla triglia allo sgombro, passando per il brodo di pollo, Limu è a tutti gli effetti una scoperta di gusti e sapori di cui non sapevamo di aver bisogno.

Il benvenuto è al calice con una riserva di champagne Nicolas Feuillatte per poi passare a Nicolosi spumante di nerello mascalese Sosta Tre Santi Brut.

Come benvenuto dello chef le amuse bouche con: tartelletta di pesce azzurro, rapa e caviale, pan brioches, mortadella e tartufo nero, Donuts di cacio all’argentiera, bignè all’olio d’oliva in farcia di caponata, esplosione di zuppa di Cozze. Ciascuno di questi mignon unisce sapori legati al mare, alla sapidità ma anche all’orto.

L’insalatina che arriva subito dopo in apertura è l’Insalata delle feste con Triglia marinata a secco e bruciata, maionese all’aringa e insalata liquida arancia e finocchio. Il piatto più fresco della serata che ci prepara il palato per quello che avremo dopo tra contaminazioni orientali e francesi. Il Sandwich di manzo è un Pan brioches tostato che ricorda il french toast, tartar di vacca cinisara e zabaione salato con retrogusto erboreo.


Avevamo assaggiato la versione estiva del coniglio alla cacciatora con una vellutata esterna che ricorda i colori del sottobosco, in questa versione invernale ancora più azzeccata: cappuccino di patata affumicata, ragù di coniglio alla cacciatora e polvere di bosco.

Questo è forse il piatto più particolare da capire per le diverse consistenze tra cui la cipolla in polvere e altre erbe che esplodono letteralmente in bocca. L’impiattamento è un diorama ferroviario, ricorda paesaggi nord-europei da fotografare.

Procediamo il viaggio e torniamo a Bagheria per quello che è a mio avviso il centro di questo percorso. Si tratta del risotto Cicale-cicale-cicale. Forse il nome un omaggio a Heather Parisi e alla cultura di fine anni ottanta quando i risotti riempivano i banchetti dei matrimoni. Ma anche qui un gusto che non sapevamo di aver bisogno: la mantecatura nel burro francese è sublime, la delicatezza di questo piatto è impressionante, la lavorazione delle cicale mantis – considerato tra i più poveri dei crostacei locali – è maniacale anche al crudo e nel brodino che circonda il risotto carnaroli. Limone e salsa bottarga con aglio nero completano il tutto. Piatto mastodontico.

Dalla Sicilia dei nonni e dei borghi marinari andiamo in Oriente, a Singapore. Si chiama proprio così questo piatto che rievoca un viaggio di Nino Ferreri alla scoperta dei sapori orientali del Pacifico. Piccoli tagliolini di pasta fresca all’uovo sormontati da polpa di granchio reale, poi zenzero e una base di salsa chilli black pepper.

Il piatto più difficile è il secondo. Lo sgombro è un pesce povero ricco però di omega 3, qui viene finemente preparato con tecniche e cotture sfavillanti. Servito in crosta (signature di sh) e impiattato al tavolo, la crosta è di sale al nero, servito con un cipollotto arrosto morbido e delicato e beurre blanc, rosmarino e caviale. Anche qui la salsa ha origini francesi, ottenuta dal burro emulsionato con una riduzione di aceto e vino bianco. Lo scalogno è anche nella salsa.

Il pre-dessert è una ricotta al naturale, pere e zafferano. Per passare poi all’omaggio alla Capra girgentana, emulata proprio nella forma della sua robiola in semifreddo, adagiata su un croccante di pistacchio e una crema di pistacchio salato e mandarino.
Avevo commesso l’errore di assaggiare gli ingredienti in maniera separata. Invece in bocca il biscotto, la crema e il semifreddo si sposano nuovamente regalando quest’ultima emozione. In realtà chiudiamo con la piccola pasticceria mignon ma siamo già conquistati.

Una magnifica esperienza al palato in una atmosfera calda e accogliente, l’eleganza di un ristorante minuzioso che sperimenta fino alla fine trovando unioni mistiche tra Sicilia tirrenica, Francia e Medio-Oriente. Un capolavoro di tenacia per questo giovane chef che ha costruito il suo museo del gusto nel pieno rispetto della storia e della cultura francese dell’innovazione artistica. Un mecenate della cucina esperienziale. Estasi dell’oro.

A cura di Santi Cautela


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