Coronavirus e clima: il caldo bloccherà il virus?

Negli ultimi giorni sono emersi i primi interessanti studi che spiegano l’influenza dei parametri termo-igrometrici (temperatura e umidità dell’aria) sulla diffusione del nuovo Coronavirus, il COVID-19. Il parametro che descrive quantitativamente il tasso di trasmissione del virus è l’R0, tanto più è elevato il suo valore, tanto più rapida ed efficace sarà la diffusione dell’infezione.

 

IL METODO DI CONDUZIONE DELLO STUDIO

Secondo uno studio cinese pubblicato il 9 marzo scorso, dal titolo High Temperature and High Humidity Reduce the Transmission of COVID-19, elaborato da Jingyuan Wang, Ke Tang, Kai Feng and Weifeng Lv* , si evidenzia che temperature e tassi di umidità relativa elevati possono ridurre anche in modo significativo il rate di contagio/trasmissione del COVID-19, un pò come accade per il normale virus dell’influenza, il quale ha carattere stagionale.

Questo risultato è stato ottenuto effettuando complesse analisi statistiche su un campione di 100 città cinesi (tra cui Pechino, Shangai e Sichuan), mettendo in relazione tra loro i parametri climatici con quelli demografici e socio-sanitari in un intervallo temporale compreso tra il 21 e il 23 gennaio 2020.

I RISULTATI DELLO STUDIO

Quello che si è analizzato è dunque la correlazione tra la trasmissione del virus (il parametro R0) con la temperatura e l’umidità relativa, usando i metodi di regressione statistici. Quello che è emerso è appunt

o una correlazione negativa tra temperatura ed umidità: ciò significa che in condizioni climatiche calde ed umide il rate di contagio è più basso, mentre aria fredda e secca favorirebbe la trasmissione del nuovo Coronavirus. Ovviamente questo non significa che nelle zone calde non è presente il virus, ma l’eventuale nascita e crescita di focolai epidemici è decisamente meno probabile.

Questi risultati sono consistenti con quanto osservato fino ad oggi: il contagio è stato

maggiore in nazioni come la Corea e la Cina, in cui il freddo è stato sempre presente, ed in Iran, dove l’aria è generalmente secca, piuttosto che in zone come Singapore, la Thailandia e la Malaysia dove troviamo un clima caldo ed umido.

 

I RISVOLTI PER LA SICILIA

Quanto discusso prima è valido anche per l’Italia, dove il contagio si è diffuso maggiormente sulla Pianura Padana e sull’alto settore adriatico (zone caratterizzate da un clima freddo o secco) piuttosto che al centro-sud e alla stessa Liguria. Se lo studio venisse ulteriormente confermato, l’arrivo della stagione primaverile con i primi caldi potrebbe rallentare il contagio fino ad azzerarlo all’inizio dell’estate, specie nelle regioni insulari e nelle località peninsulare affacciate sul mare. In Sicilia, dove il contagio prosegue a ritmi abbastanza lenti, nel mese di aprile si potrebbe così assistere ad un netto calo delle nuove infezioni, in particolare nelle città situate sulla costa, dove il clima, oltre ad essere mite, risulta anche umido.

 

UN’ULTIMA CONSIDERAZIONE

Vari studi hanno anche messo in evidenza la relazione tra la diffusione del COVID-19 e l’inquinamento atmosferico. Tra le aree attualmente più colpite vi sono infatti zone fortemente industrializzate e soggette al ristagno di aria inquinata, come la provincia dell’Hubei (in Cina) e la Pianura Padana; l’incidenza della sintomatologia più grave legata al nuovo Coronavirus in queste zone potrebbe anche essere legata allo “stress” a cui sono perennemente sottoposti i polmoni della popolazione abitante.

 

 

 

 

 

 

 

 


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