22 maggio 1988, muore Giorgio Almirante

La Fiamma di Almirante arde ancora

Giorgio Almirante si è spento 32 anni fa, poco prima del suo 74esimo genetliaco, nella splendida città capitolina. Nonostante siano passati già tre decenni, l’esempio e l’ideale dell’uomo che fu, ardono ancora nello spirito di molti uomini, donne e giovani. Almirante, fondatore del MSI in un tempo in cui la politica era ancora scienza e arte di governare, dedicò la sua vita alla lotta politica al fianco dei vinti e degli emarginati.

Almirante ha immaginato il futuro. È riuscito a vederci lungo sull’Europa e sul suo triste destino odierno. Di certo la sua ascesa insieme al MSI è stata difficile e lunga, soprattutto in uno stato come l’Italia nel quale i due partiti di maggioranza erano il PCI e la DC. Il leader del Movimento Sociale è stato etichettato come un “nostalgico fascista” ed è innegabile il suo passato da militante in Africa e nella RSI.

Un motto colpisce più di tutti gli altri: parlando del Fascismo, Almirante disse “non lo rinnego, non lo ricostituisco“. E così dovrebbe essere per tutto ciò che riguarda la nostra storia, anche nei suoi tratti più grotteschi. Così come la Francia non dimentica il periodo del Terrore e l’Inghilterra non ripudia il suo colonialismo schiavista. Perché la storia va studiata nella sua interezza senza tralasciare nessun aspetto.

Il percorso politico di Almirante

Nato a Salsomaggiore Terme, il 27 giugno 1914, durante la sua giovinezza, Almirante studiò presso il liceo classico “Gioberti” di Torino e divenne fiduciario del GUF di Roma. Durante il periodo della RSI  divenne il capo di gabinetto del Ministero della Cultura Popolare. È in questi anni che si solidifica la sua fede nei confronti del Fascismo e di Mussolini, la quale non verrà mai rinnegata per il resto della sua vita. Fu caporedattore del giornale fascista “Il Tevere” fino al 1943.

Nel Dopoguerra fonderà il Movimento Sociale Italiano sui resti dell’ormai scomparso PNF, adattandolo ai dettami della Costituzione repubblicana. Subito dopo i fatti di Piazza Colonna, per i quali verrà accusato di apologia di fascismo, verrà condannato a 12 mesi di confino. La pena verrà successivamente sospesa dal questore di Salerno. Nel 1948 condurrà una dura campagna elettorale, la quale porterà il 2% dei voti al MSI e la possibilità di entrare in Parlamento.

Nel 1969, con la morte di Michelini, si apre una stagione di grave crisi per il partito. Si decise dunque di eleggere Almirante a segretario nazionale del MSI. Da qui si aprirà un nuovo periodo, sicuramente più florido e vivace, del Movimento Sociale Italiano. Almirante verrà accusato, il 28 giugno 1972, del reato di “ricostituzione del Partito Fascista” (Legge Scelba) da parte della Procura della Repubblica di Milano. L’inchiesta non verrà mai portata a termine.

Nel 1975-76 il Segretario proverà a rilanciare il suo partito con la costituzione di un’iniziativa definita col nome di: “Costituente di destra per la libertà“. Ciò portò l’organizzazione giovanile del partito – il Fronte della gioventù – a scindersi dal MSI. Almirante decise di commissariare quest’organizzazione e di nominare come nuovo segretario del Fronte il venticinquenne Gianfranco Fini.

L’epilogo

Dopo aver assistito con grande solidità e fermezza alla strage di Acca Larentia e ad altri numerosi atti ignobili da parte dei militanti di estrema sinistra, Almirante comincia lentamente a soffrire il peso dell’età. Nel 1984 dichiara di voler lasciare il segretariato del MSI, ma a furor di popolo viene rieletto per il biennio 1984-86. Il XIV Congresso nazionale, con questa assise, dà il via al secondo segretariato di Almirante insieme ad alcuni suoi vecchi camerati.

Impossibile dimenticare i successi in Sicilia (vedi il caso Custonaci e di Dino Grammatico) e nella provincia di Bolzano, la cui italianità è sempre stata difesa dai missini. Durante l’agosto del 1986, Almirante verrà ricoverato presso la clinica romana di villa del Rosario a causa di un malore. La sua ultima missione sarà quella di portare il suo “delfino” Fini al segretariato, ma questa mossa incontrerà parecchi ostacoli, soprattutto da parte della vecchia guardia missina.

Giorgio Almirante morirà il 22 maggio del 1988 nella clinica romana nella quale era ricoverato da tempo. La sua morte non ha però affievolito quella fiamma – tipica del MSI – che ancora brilla ardentemente in coloro che credono nei suoi precetti. Sulla sua figura se ne sono dette e scritte parecchie, ma le parole di Marcello Veneziani sono – probabilmente – le più simboliche: “Ha portato l’italianità nella politica, restituito dignità al Tricolore, alla bandiera, recuperato il senso di Patria“. Un senso che appare quasi del tutto perduto al giorno d’oggi.

Almirante e Berlinguer: un rapporto che va oltre il colore politico

Almirante e Berlinguer erano assai diversi. Il leader del MSI era un grande oratore, riusciva ad attrarre le masse con la sua notevole eloquenza. Berlinguer era timido, sobrio, faticava spesso con l’italiano. Giorgio eccedeva nel suo piccolo MSI, Enrico invece era sovrastato dal PCI. Il primo era amato da tanti, ma votato da pochi. Il secondo era seguito da folle oceaniche, ma ottenne un grande consenso soltanto dopo la sua morte: il famoso “Effetto Berlinguer“.

Eppure, nonostante i due caratteri così diversi posti agli antipodi della politica nostrana, Almirante e Berlinguer si rispettavano a vicenda. È indimenticabile la presenza timida e commossa di Almirante al funerale del suo “acerrimo nemico“. Si erano spesso incontrati in vita per discutere soprattutto di quel “terribile ’78” che tanto ha tolto all’Italia repubblicana. Basti pensare a Moro, ai tre papi e al susseguirsi di due presidenti della Repubblica.

Entrambi sospettavano della figura di Andreotti. Credevano che ci fosse lui dietro a tutta quella bailamme italiana. Celebre è l’incontro tra i due a Villa Borghese, nel quale parlarono vis à vis senza scorte, né altro, praticamente come due vecchi amici di fronte ad un caffè. In un’epoca dove la politica sta subendo un processo di atroce imbarbarimento, ripensare a queste due figure fa sospirare un anelito di nostalgia.

È degna di nota l’idea di voler intitolare una piazza ad Almirante ed una a Berlinguer. L’una vicina all’altra, come loro durante gli incontri “segreti“. Vedrete però che anch’esse saranno tremendamente dimenticate. Si perderanno nelle viuzze del rancore e dell’odio che questa politica da tragedia sta portando nella nostra Italia. Oggi più che mai, il ricordo di Almirante deve essere tenuto vivo affinché la politica non diventi soltanto un giochino in mano ai mercati.

 


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